Dopo la dura presa di posizione dei coordinamenti degli OPI del Veneto prima, della Lombardia poi, le interrogazioni parlamentari e la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche che ha intanto attivato da giorni i canali istituzionali per evitare operazioni che possano mettere a rischio l’organizzazione dei servizi e la salute degli stessi cittadini, anche il Coordinamento degli OPI dell’Emilia Romagna scende in campo contro la delibera della Regione Veneto su una formazione “abbreviata” degli Oss per il loro utilizzo con funzioni di assistenza medico-infermieristica nella pandemia.

“Non si rimedia ad anni di errori con scelte che mettono a rischio la salute dei cittadini e calpestano la professionalità degli infermieri”, scrivono gli OPI dell’Emilia Romagna.

E il Coordinamento degli OPI della Regione dice no alla delibera che attribuisce agli operatori socio sanitari atti propri dell’assistenza infermieristica per sopperire a carenze di organico nelle strutture sanitarie per anziani e nel privato accreditato.

“Se i tanti avvisi emessi dagli ospedali pubblici – si legge nel comunicato del coordinamento emiliano romagnolo – hanno provocato un esodo degli infermieri da quelle strutture, che sono state messe in ginocchio, la causa è da ricercarsi in anni di incuria e scelte sbagliate. Per oltre quindici anni le strutture residenziali e sanitarie per anziani, soprattutto quelle del privato accreditato, non hanno – infatti – mai investito sull’assistenza infermieristica, tanto che gli infermieri hanno sempre lavorato in quel settore come ripiego, scegliendo di andarsene non appena possibile”.

“In queste strutture – prosegue – il contratto nazionale del comparto sanitario privato, infatti, non è mai stato approvato per oltre 14 anni, mentre il coordinamento sanitario di queste strutture in diverse regioni – anche in Emilia-Romagna – è stato dato agli operatori socio sanitari, con una completa disaffezione degli infermieri che non vedono nessuna possibilità di crescita a fronte di piani di lavoro mortificanti e deprofessionalizzanti, nessun investimento formativo, scarse tutele dei diritti lavorativi”.

“Per sopperire oggi all’emorragia che si è determinata – commentano gli OPI dell’Emilia Romagna –  il Veneto ha allargato con un colpo di mano le competenze degli operatori socio sanitari, così da non aver bisogno di infermieri. Una scelta non solo sbagliata, ma che presenta evidenti problemi giuridici, visto che una Regione non può legiferare in tema di competenze dei professionisti, e un evidente abuso di professione rispetto a quanto previsto per il profilo dell’infermiere dal DM 739/94, ma soprattutto comporta un grave problema per la qualità e sicurezza delle cure”.

“Il Veneto – conclude – ha deciso, infatti, che gli OSS con poche ore di formazione complementare possano allargare le proprie competenze ed assumere responsabilità assistenziali a discapito degli assistiti che, anche a causa dell’innalzamento dell’età media, presentano invece bisogni di salute sempre più complessi ed articolati, richiedenti competenze infermieristiche sempre più specialistiche e non certo meno”.


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